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  • Immagine del redattoreAlessia Federiconi

MINDFULNESS E PRESTAZIONE SPORTIVA: RIMANDARE O NON RIMANDARE? E' QUESTO IL DILEMMA

L’uomo è un essere pensante, ma le sue più grandi opere vengono compiute quando non calcola e non pensa”

Eugen Herringel

La situazione è più o meno questa: hai avuto una pessima giornata di lavoro e devi andare ad allenarti; oppure hai deciso di allenarti all’alba: fino alla sera prima eri convintissima/o della tua scelta, poi è suonata la sveglia... E per non farci mancare nulla, il programma di allenamento prevede proprio quegli esercizi o quelle tecniche che preferiresti evitare.


Fammi indovinare, il tuo cervello, in questi casi, diventa campione mondiale di scuse e frasi tattiche che ti invogliano a rimandare l’allenamento, o a saltarlo totalmente, tanto domani puoi recuperare no?

Se la situazione è questa, non preoccuparti, non è grave, c’è un rimedio alla rimandite acuta e questo rimedio si chiama mindfulness.


Cos’è la mindfulness? A cosa serve? Dove posso trovarla per curarmi da questo male?

Un passo alla volta! Cercherò di dare risposta a tutte le tue domande a tempo debito.


PENSIERI, EMOZIONI E OBIETTIVI: COINQUILINI PROBLEMATICI


Perchè tutte le volte che mi pongo un obiettivo i miei pensieri e le mie emozioni sembrano fare il diavolo a quattro per sabotarmi?


La risposta è da ricercare nella nostra biologia e nell’architettura del nostro cervello. Da quando eravamo ancora dei primati, e prima ancora degli organismi monocellulari che brulicavano nel mare primordiale, in quanto organismi viventi il nostro scopo è sempre stato uno e uno soltanto: garantire la nostra sopravvivenza.


Tornando ai giorni nostri, in qualità di homo sapiens, il nostro organismo per sopravvivere ha bisogno fondamentalmente di: respirare, bere, dormire, mangiare e riprodursi.


Il nostro cervello, pertanto, si è sviluppato con questo preciso scopo: far sopravvivere il nostro corpo biologico. Da qui nascono una quantità di risposte istintuali che guidano il nostro comportamento: cercare cibo quando si ha fame, dormire quando si ha sonno e via dicendo.


In sostanza, è come se avessimo un vecchio nonno che, dall’alto della sua saggezza millenaria, ci ricorda le cose veramente importanti della vita. Ma questo è realmente funzionale alla realizzazione dei nostri obiettivi?

Per nostra sfortuna non sempre.


I guai sono iniziati quando abbiamo sviluppato la corteccia prefrontale, la porzione di cervello immediatamente dietro la nostra fronte che, tra l’altro, ha la funzione di farci immaginari scenari futuristici alla conquista dello spazio siderale.


La corteccia cerebrale, e nello specifico la corteccia prefrontale, è iniziata a formarsi all’incirca 5 milioni di anni fa, e da lì abbiamo cominciato a pensare. Sì lo so, pensare è un parolone per alcuni, ma diciamo che tutti hanno gli strumenti per farlo, anche se non è detto che lo facciano.


Ma torniamo a noi e a quando 5 milioni di anni fa abbiamo sviluppato il pensiero astratto, che sarebbe la capacità di immaginare e pensare qualcosa che non è fisicamente davanti ai nostri occhi, o qualcosa che è inesistente (come gli unicorni o il concetto di transustanziazione). Da quel momento abbiamo potuto iniziare a fantasticare su scenari futuri in cui conquistiamo il podio olimpico, oppure abbiamo la tartaruga sulla pancia o battiamo qualche record mondiale. Questo ha fatto sì che sviluppassimo altri bisogni oltre a quelli di base (dormire, mangiare, respirare etc), tra cui il bisogno di autorealizzazione (Marlsow, 1954).


Se ti stai chiedendo dove sto andando a parare, adesso avrai tutto chiaro.


Uno dei problemi principali per cui non riusciamo a raggiungere i nostri obiettivi, quelli che ci permettono di soddisfare il nostro bisogno di autorealizzazione, è perché il percorso che ci porta a raggiungerli è molto lungo e spesso prevede azioni che si scontrano con il soddisfacimento dei nostri bisogni primari.


Se vuoi dimagrire perché vuoi essere più performante vuol dire che dovrai mettermi a dieta riducendo l’apporto calorico del cibo ingerito. Questo molto probabilmente causerà la fame attivando il bisogno primario di mangiare e il nostro cervello si troverà a dover gestire la richiesta impellente di cibo, con al contempo la necessità di privarcene per raggiungere un obiettivo (e quindi una gratificazione) lontana nel tempo.


All’interno di questo meccanismo rientra anche la lotta tra istinto di sopravvivenza e la necessità di dover spingere in allenamento per ottenere risultati in termini di prestazione.


Insomma, per raggiungere un obiettivo di prestazione o estetico, bisogna scegliere delle azioni che vanno contro il soddisfacimento dei miei bisogno primari. Poiché questo genere di scelta non è quella che farebbe il nostro cervello più primitivo, allenato da migliaia di anni a lottare per la nostra sopravvivenza, ci fa vivere tutta una serie di stati d’animo e pensieri negativi che la maggior parte delle volte prendono il sopravvento e il risultato è che: saltiamo gli allenamenti, mangiamo male, facciamo degli allenamenti pessimi e via dicendo.


Ok, ora che ti ho sufficientemente demoralizzato, spiegandoti che questo genere di emozioni e pensieri, qualunque genere di percorso e obiettivo tu scelga di intraprendere, ci saranno praticamente sempre, passiamo alla parte in cui ti spiego come poter affrontare questa situazione come un surfista che cavalca un’onda di 15 metri senza perdere l’equilibrio.


LA MINDFULNESS E IL PRINCIPIO DEL SURFISTA


Abbiamo capito che pensieri ed emozioni negative ci accompagneranno sempre nel nostro percorso e che i bisogni primari verranno a reclamare a gran voce la nostra attenzione imponendoci di soddisfarli.

Cosa fare in queste situazioni se quello che dobbiamo fare per raggiungere il nostro obiettivo non è in linea con il mood del momento?

La mindfulness ci da un’indicazione all’apparenza banale quanto complessa da mettere in pratica: lasciali andare!

 

"Consapevolezza è l’accettazione cosciente ed equilibrata dell’esperienza presente. Non è più complicato di così. È un aprirsi al momento presente per riceverlo, piacevole o spiacevole che sia, così com’è, senza afferrarlo per prenderlo, senza respingerlo per rifiutarlo."

Sylvia Boorstein

 

Eh già, lasciali andare….che vuol dire?


Osservali, prendi nota che ci sono e senza giudicarli lasciali andare. Non soffermartici, non cercare di modificarli, semplicemente notali e lasciali andare, e con una buona dosa di pazienza, riporta gentilmente la tua mente su quello che stai facendo. Come un surfista che cavalca onde alte 20 metri non cerca di modificarne la traiettoria o l’altezza (sarebbe impossibile non trovi?) ma le asseconda e lascia che facciano il loro corso, decidendo su quali prestare la sua attenzione. Anche tu devi imparare a dirigere la tua attenzione su quegli stimoli che ti sono utili per lo svolgimento del compito contingente.


Ok, già mi immagino il profondo senso di confusione e disappunto che ti sta invadendo. Da un lato sei sbigottito perché probabilmente stai pensando che queste cose non fanno per te, dall’altro ti senti indignato, perché diamine! Non può essere tutto qui!


Lo so, lo so...capita a molti, anche perché noi occidentali siamo abituati a prendere il toro per le corna, gestire le situazioni, avere il comando e cambiare quello che non ci piace...invece in questo caso devi semplicemente (per modo di dire, ti sfido a provarci), lasciare che pensieri ed emozioni negative affiorino, ti scorrano dentro e se ne vadano, imparando a riportare l’attenzione sul qui e ora.


Se ti stai chiedendo se funziona, bhè sì, funziona, altrimenti perché starei perdendo tempo a scrivere questo articolo? Ma soprattutto, e sì, probabilmente è più importante questo che la mia voglia di nonperdere tempo, non ci sarebbero centinaia di ricerche scientifiche che ne comprovano l’efficacia.


Se invece ti stai chiedendo perché funziona….bhè un indizio te l’ho già dato nella metafora del surfista. Hai capito a cosa mi riferisco? Ti do un piccolo indizio “ ...decidendo su quali prestare la sua attenzioneanche tu devi imparare a dirigere la tua attenzionesu quegli stimoli…


Esatto! Stiamo parlando di attenzione. La mindfulness è infatti una pratica che permette di allenare la capacità di dirigere volontariamente la nostra attenzione.


Quindi, riprendendo i concetti di bisogni primari e di istinto di sopravvivenza vediamo praticamente cosa potrebbe succedere durante un allenamento e come la mindfulness ci aiuta a gestire al meglio queste situazioni.


Stai spingendo ormai da tempo e la fatica si fa sentire, i muscoli sono indolenziti, la respirazione è affannata e il cervello inizia a mandare chiari messaggi di cedimento. Ogni fibra del tuo corpo ti implora di lasciar perdere.


Bene, tutto normale. La mindfulness ci ricorda che è normalissimo avere questi pensieri e queste sensazioni. Che fare? Riconoscile, prendine atto e lasciare andare. Riporta gentilmente la tua attenzione sul compito che stai svolgendo e focalizzati sul processo, concentrati sul movimento che devi fare, sull’azione che devi compiere per progredire nel tuo allenamento.


Concentrati sulla tecnica, o su stimoli esterni al tuo corpo. Sposta il focus dell’attenzione. Non lasciare che il tuo corpo la rapisca e la porti dove vuole lui: sulle sensazioni di disagio che provi. Se ti focalizzi su quelle il risultato è che, con molta probabilità, mollerai prima del tempo, o cederai facendo una prestazione scarsa. Riporta l’attenzione al movimento, o a ciò che ti circonda. Non dare importanza alla voce che ti urla di smettere o ai muscoli che implorano pietà.


Diventa il surfista che non cerca di controllare le onde ma che le cavalca lasciando che facciano il loro corso e si concentra sulla sua prestazione.


MINDFULNESS: DA DOVE COMINCIARE


Oggi non è difficile trovare corsi, anche gratuiti, di mindfulness. Negli ultimi tempi la pratica della mindfulness sta spopolando anche nelle nostre città.


Oltre ai corsi ci sono centinaia di libri che ne parlano e propongono dei percorsi per imparare ad usarla. Uno che lessi e che trovai molto carino è il libro di Ruby Wax “Mindfulness per chi è a pezzi”. Nel suo caso specifico usò la mindfulness per gestire i suoi problemi di depressione, ma poco male, la mindfulness è una tecnica che si può usare davvero in diversi contesti.


L’importante è essere sempre consapevoli dell’obiettivo che ci si prefigge nell’applicarla: allenare l’attenzione a concentrarsi sul qui e ora e focalizzarla sulle azioni che ci permettono di raggiungere il nostro obiettivo.


Se invece vuoi cimentarti da subito in un piccolo esercizio che ti faccia capire nel concreto cosa vuol dire il concetto mindfulness eccoti servito.


LAVA I PIATTI IN MODO MINDFUL


In questo momento probabilmente gli uomini stanno sgranando gli occhi in segno di disapprovazione e le donne stanno già pensando a come rifilare le faccende di casa ai propri coniugi o figli vendendogliela come esercizio per migliorare le loro prestazioni sportive.


In ogni caso, questo è l’esercizio, ripreso dal manuale di Gardner e Moore sul protocollo MAC (Mindfulness-Acceptance-Commitment approach):


Ritagliati un momento tranquillo e metti un piatto dentro il lavandino. Fermati un attimo a osservarne il colore, la forma e la consistenza. In questo momento potrebbero esserci diversi pensieri che ti frullano in mente (tra cui anche quello sul perché ti stai cimentando in questo esercizio), è del tutto normale. Come abbiamo detto è inevitabile che i pensieri vadano e vengano dalla nostra mente. Notali e lasciali andare. Riporta gentilmente la tua attenzione sul piatto e sulle sue caratteristiche fisiche.


Ora prendi il patto e inizia a far scorrere l’acqua calda. Concentrati sulle sensazioni dell’acqua sulle mani e sul contrasto che genera al tatto la consistenza dura del piatto e quella avvolgente dell’acqua. Scommetto che ci sono ancora pensieri non correlati al compito che stai svolgendo. Ancora una volta, notali e lasciali andare. Qualunque siano i pensieri che ti stanno passando per la mente semplicemente notali e gentilmente riporta la mente a quello che stai facendo. Lascia che il tuo corpo percepisca e ti rimandi più sensazioni possibili, aumentando il grado di dettaglio con cui le percepisci. Così facendo rafforzerai la tua concentrazione.


Ora lava il piatto con il sapone che normalmente usi e prendi coscienza delle nuove sensazioni che questo porta: l’odore del detergente e le nuove consistenze che si aggiungono a quelle del piatto e dell’acqua. Mentre continui con l’esercizio nota tutti i pensieri e tutti gli stimoli che cercano di catturare la tua attenzione e sviarla dal compito che stai svolgendo. Ancora una volta riporta la mente su quello che stai facendo. La mente tenderà naturalmente a vagare, ma tu riportala al compito. Ogni volta che la riporterai al compito non farai altro che rafforzare la tua attenzione.


Dopo circa 5 minuti riponi il piatto, chiudi il rubinetto e siediti un attimo a ripensare all’esperienza che hai avuto.


Bene! Se avrai fatto l’esercizio anche tu avrai sperimentato la pratica della mindfulness.


Viviamo in un mondo dove catturare la nostra attenzione è diventato l’obiettivo numero uno di qualunque pubblicità o programma. Le notifiche del cellulare, i messaggi pubblicitari brevi e accattivanti, nascono tutti con lo stesso scopo: catturare la nostra attenzione. E devo aggiungere che ci riescono molto bene. Questo però ha portato a renderci sempre meno abili a concentrarci su qualcosa per un tempo prolungato e i risultati sono che le nostre prestazioni hanno un inevitabile peggioramento.


Facendo e rifacendo questo e altri esercizi mindfulness imparerai a tornare padrone della tua attenzione e a direzionarla dove ti è più utile per raggiungere i tuoi obiettivi!

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